E’ opinione diffusa, quella secondo cui per evitare la prescrizione dei crediti condominiali non attivati attraverso ingiunzione di pagamento, sarebbe possibile riportare gli stessi nei saldi degli esercizi successivi, in modo che si crei un unico rendiconto che, se non impugnato nei termini di cui all’art. 1137 Cod. Civ. dal condomino moroso, rende definitivo il valore del proprio debito.
E ciò anche se all’interno della somma così risultante a suo debito, sono compresi crediti che pur essendo maturati negli anni in favore del condominio, non sono stati attivati dall’Amministratore di Condominio chiedendo ed ottenendo decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
Innanzitutto, evidenziamo che non esiste alcuna norma che definisca esplicitamente il termine di prescrizione delle spese condominiali, posto che il legislatore non ha inteso tipizzare alcuna prescrizione delle quote condominiali neanche con la legge di riforma del condominio (Legge 220/2012).
Il principio generale in ordine alla prescrizione, prevede – com’è noto – che i crediti si prescrivano nel termine di 10 anni dal momento in cui gli stessi possono essere fatti valere.
Tuttavia, a parte il criterio generale, nel silenzio della legge occorre evidenziare l’esistenza di un precedente giurisprudenziale (Cass. Civ. 12596/2002) secondo cui nel caso delle “spese condominiali, per loro natura periodiche, trova applicazione il disposto dell’art. 2948 n. 4) in ordine alla prescrizione quinquennale dei relativi crediti, la cui decorrenza è da rapportarsi alla data della delibera di approvazione del rendiconto delle spese e del relativo stato di riparto”.
Dello stesso parere sono il Tribunale di Roma con sentenza n. 5004 del 10.03.2020 e la Cassazione con una sentenza più recente del 2014 (Cass. Civ. Sez. II 25.02.2014 n. 4489).
Esiste, poi un altro precedente (di merito e non di legittimità) reso dal Tribunale di Roma (sentenza 18826 del 22.9.2015) che afferma che per le spese di straordinaria manutenzione che dunque si verificano una tantum in assenza di differente disposizione legislativa il termine di prescrizione è quello ordinario, cioè decennale a norma dell’art 2946 Cod. Civ..
Questo ci può portare ad affermare che, in assenza di una norma che dichiari esplicitamente il termine di prescrizione, le quote condominiali si prescrivono con termini differenti a seconda della natura della spesa.
Dunque non si può parlare tecnicamente di un unico termine di prescrizione, ma questo viene ad essere diversamente individuato a seconda del tipo di spesa.
Pertanto se le spese condominiali per le quali il Condominio vanta un credito nei confronti di un condomino moroso, sono riferite alla cosiddetta gestione ordinaria, queste ultime si prescrivono in 5 anni.
Se si tratta di spese condominiali che sono riferite ad attività di manutenzione straordinaria (es. rifacimento lastrico solare, tetto, grondaie ecc.) invece si prescrivono in 10 anni.
In questo contesto è utile individuare il momento preciso in cui comincia a decorrere il termine di prescrizione delle quote condominiali.
Sotto tale profilo, occorre tenere in debita considerazione il disposto dell’art. 2935 Cod.Civ. per il quale “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.
Al riguardo è condivisibile l’orientamento di quella giurisprudenza che stabilisce come “l’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese per la conservazione e manutenzione delle parti comuni dell’edificio, qualora la ripartizione delle spese sia avvenuta soltanto con l’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1135 Cod. Civ. n. 3, sorge soltanto al momento della approvazione della delibera assembleare di ripartizione delle spese. Ne consegue che la prescrizione del credito nei confronti di ciascun condomino, inizia a decorrere soltanto dalla approvazione della ripartizione delle spese e non dall’esercizio di bilancio” (Cass. 11981/1992; Giudice di Pace Palermo 15.11.2011).
Ergo è pacifico che la prescrizione delle quote condominiali “decorra dalla delibera di approvazione del rendiconto e dello stato di riparto, costituente il titolo nei confronti del singolo condomino” (Cass. 4489 del 25.2.2014).
Detto questo, esaminiamo più approfonditamente l’assunto, molto diffuso nell’opinione comune, secondo cui laddove, entro il termine di prescrizione di ciascun credito condominiale, l’Amministratore di Condominio non avesse attivato la procedura di ingiunzione di pagamento, perché magari a ciò non autorizzato esplicitamente dall’assemblea, si potrebbe superare il problema della prescrizione dei crediti condominiali maturati negli anni e mai azionati con decreto ingiuntivo nei confronti di un condomino moroso, in quanto il termine di decorrenza della prescrizione si rinnoverebbe ad ogni approvazione dello stato di riparto da parte dell’assemblea condominiale, con la conseguenza che, anche le morosità pregresse sarebbero state esigibili in ogni tempo.
Poiché è principio pacifico quello secondo cui non esistono soluzioni semplici a problemi complessi, sono doverose alcune precisazioni.
Fermo restando i principi sopra enucleati in ordine alla diversa decorrenza dei termini di prescrizione, lo stato di riparto approvato dall’assemblea comprovante la certezza, liquidità del credito condominiale, autorizza l’amministratore a richiedere, ai sensi dell’art. 63 Disp. Att. Cod. Civ. l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per la riscossione dei contributi condominiali da parte dei condomini morosi.
Ciò significa che, a partire dalla data di ciascuno stato di riparto approvato dall’assemblea, non solo comincia a decorrere il termine di prescrizione del relativo credito vantato dal condominio nei confronti di ogni singolo condomino, ma diventa possibile azionare un decreto ingiuntivo.
E’ pur vero, tuttavia, che non esiste alcuna norma che vieti all’amministratore entro il termine di prescrizione delle spese condominiali (che come abbiamo visto varia a seconda della natura delle stesse) di convocare l’assemblea per l’approvazione di un nuovo stato di riparto, comprensivo di tutte le quote scadute e pregresse dovute dai condomini, tale che anche i saldi degli esercizi precedenti entrino a far parte di un unico rendiconto.
Di conseguenza, è possibile che il piano di riparto, comprenda la voce “saldo anni precedenti” di modo che, “i saldi degli esercizi precedenti, rientrino a far parte integrante di quel rendiconto, che, se contestato deve essere impugnato nei termini di cui all’art. 1137 Cod. Civ.” (così App. Genova 11.5.2009 n. 513).
Tuttavia, se non può tacersi l’esistenza di una certa interpretazione giurisprudenziale secondo cui:
occorre, precisare che lo stesso Tribunale di Napoli, nello stabilire che nulla vieta all’amministratore di convocare l’assemblea per l’approvazione di un nuovo piano di riparto, comprensivo di tutte le quote scadute e pregresse dovute dai condomini, presuppone però che questo venga fatto dall’Amministratore entro il termine di prescrizione dei singoli crediti che vengono – per così dire – “riportati a nuovo”.
Dunque è parere di chi scrive che non sia possibile affermare sic et sempliciter che è sufficiente convocare l’assemblea per l’approvazione di un nuovo stato di riparto nel quale andare ad inserire tout court tutti saldi a credito maturati negli esercizi precedenti senza distinguere tra saldi relativi a spese per cui è già intervenuta la prescrizione e saldi per i quali detta prescrizione deve ancora maturare, per conservare all’infinito il credito del condominio nei confronti dei morosi.
Ma per rendere operante questo meccanismo occorrerà che, mano a mano che i crediti riportati nei bilanci degli anni successivi, si avvicinino alla prescrizione, questi vengano attivati, magari unitamente a quelli più recenti nel tempo, con un decreto ingiuntivo. Il tutto in modo che la somma per la quale si chiede l’ingiunzione e, in considerazione del tempo in cui si chiede l’ingiunzione, non porti con sé crediti ormai prescritti.
Ciò, perché in tal caso, è evidente che il debitore potrebbe proporre validamente opposizione al decreto ingiuntivo e dunque vanificare l’azione di recupero.
A conferma di questa impostazione, evidenzio un recente precedente di merito (Trib. Roma Sentenza 8724 del 17.6.2020) con cui il Tribunale capitolino, nell’approfondire il tema riguardante l’approvazione di plurimi rendiconti i quali riportano debiti ormai prescritti, ha ritenuto che la delibera condominiale, che riportasse senza soluzione di continuità i saldi attivi e passivi degli esercizi precedenti, sarebbe viziata da invalidità, in quanto riportante (appunto), debiti che si sono estinti per prescrizione.
In un interessante passaggio, si legge nella sentenza del Tribunale che “se è evidente che non può ritenersi viziato un rendiconto che riporti un credito verso un condominio di cui non è già maturata la prescrizione, non può dirsi altrettanto se la prescrizione sia già maturata ed il condomino interessato intenda farla valere: altrimenti il rendiconto riporterebbe, in modo oggettivamente inveritiero, un credito non più esistente”.
Di conseguenza, i rendiconti e relativi riparti approvati che riportassero debiti nei confronti di un condominio moroso, parzialmente estinti per prescrizione sarebbero da considerarsi viziati.
Dunque, poiché dalla data di approvazione di ciascun rendiconto, è possibile al Condominio agire per la riscossione del credito, è evidente che quando ciò non venga fatto, si maturi la prescrizione dei crediti condominiali, che opera nel termine di 5 anni se trattasi di contributi aventi natura periodica, e di 10 anni se trattasi di spese di carattere straordinario.
Quindi se è vero, che è certamente possibile riportare “a nuovo” inserendoli nei rendiconti e relativi piani di riparto degli anni successivi, crediti condominiali scaduti riferiti a condomini morosi, occorre però fare bene attenzione a che questi crediti non si siano nel frattempo estinti per prescrizione.
Il che, naturalmente porterebbe ad emettere una pronuncia assembleare viziata e dunque invalida.
Vi è anche da dire, per completezza espositiva, che il problema nei confronti di un condomino moroso potrebbe anche non verificarsi mai, laddove – quest’ultima come in genere fanno tutti i debitori – si guardi bene dal farsi dare la delibera e impugnare la stessa nel termine di 30 giorni dalla relativa assunzione, o nel caso in cui si sia ottenuto un decreto ingiuntivo proceda ad opporlo.
E’ quindi chiaro, che dal punto di vista pratico, il problema nei confronti dei condomini morosi, potrebbe anche non presentarsi.
Pertanto, nella fortunata ipotesi in cui:
il condominio si troverebbe ad avere in mano un titolo (il decreto ingiuntivo non opposto) che avendo ottenuto efficacia di giudicato, permetterebbe di agire per c recuperare, tutti i crediti condominiali, dunque anche quelli prescritti.
Tuttavia, è evidente che questo modo di agire, contiene in sé il rischio grave di vedersi invece opposto non solo la delibera con cui si approvi il rendiconto contenente tutte le somme a credito di un condomino moroso anche prescritte (situazione questa, poco verosimile a mio parere), ma soprattutto di vedersi opposto (probabilmente in maniera vittoriosa) il decreto ingiuntivo,
Pertanto in casi come quello in esame opererei nel modo seguente:
In tal modo, il credito verrebbe cristallizzato in un titolo esecutivo (il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo a norma dell’art. 63 Disp. Att. Cod. Civ.) che, dove non opposto nei termini del condomino debitore, acquisirebbe forza di giudicato e per i successivi 10 anni.
Avv. Federica Novaga