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Successioni Ereditarie: 10 Cose da Sapere per Non Avere Brutte Sorprese

30/03/2020

Nel nostro sistema giuridico vige il principio della certezza delle situazioni giuridiche.

In forza di detto principio alla morte di una persona alcuni contratti e rapporti si estinguono, come ad esempio il contratto di lavoro, il contratto di mandato, il rapporto che lega un socio alla società ecc., mentre altri rapporti proseguono in capo agli eredi. Si pensi ad esempio al diritto di proprietà sugli immobili che si trasmette ai successori del defunto.

Quando si parla di eredità, spesso le persone associano il concetto esclusivamente all’aumento della propria ricchezza, per effetto della successione nei rapporti attivi che il defunto intratteneva con banche, società finanziarie per effetto di rapporti di conto corrente, depositi, investimenti ecc.

Tuttavia, anche gli eventuali debiti del defunto si trasmettono agli eredi.

Parlare di eredità, impone di comprendere nel concetto tanto le poste attive, quanto quelle passive che facevano capo al de cuius (la persona deceduta).

Non sono rari i casi di imprenditori singoli che, alla propria morte, lascano i propri familiari completamente all’oscuro di quelli che sono i propri affari e anche dell’eventuale esposizione debitoria o addirittura dell’assunzione di garanzie personali (fideiussioni) in favore di banche o altri istituti di credito.

Ciò espone i potenziali eredi al rischio di dover rispondere col proprio patrimonio di eventuali debiti ereditari. Il tutto magari essendo del tutto ignari del loro reale ammontare.

Diventa allora fondamentale sapersi “muovere” correttamente nel complesso ed articolato mondo delle successioni ereditarie, in modo da non trovarsi in situazioni spiacevoli.

Guardando l’aspetto ereditario dal punto di vista del de cuius (il defunto) nell’ottica di una pianificazione successoria, diventa inoltre fondamentale conoscere le norme che regolano la cosiddetta “successione necessaria”.

Si tratta di quell’insieme di regole dettate a protezione dei familiari più stretti: i cosiddetti legittimari (cioè coloro che hanno diritto alla quota di legittima) ai quali la legge riserva, comunque, una porzione del patrimonio del defunto.

E ciò, indipendentemente, dalla volontà del defunto.

Si tratta di norme che in linea di principio limitano in capo al soggetto la facoltà di disposizione del proprio patrimonio sia mediante atti di donazione, sia mediante testamento.

Anche da questo punto di vista diventa importante conoscere “le regole del gioco” per evitare che ciò che in vita si era pensato di fare, disponendo del proprio patrimonio mediante atti di donazione o mediante testamento, determini l’insorgenza di conflitti e controversie giudiziali tra i successibili, il cui esito potrebbe vanificare quella che era la volontà del defunto.

Vediamo allora quali sono le cose fondamentali da sapere.

La prima cosa da sapere è costituita dal fatto che la successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto.

La data di morte definisce:

  1. il momento nel quale il patrimonio del defunto (c/c, titoli, investimenti, case, gioielli, mobili, contratti, debiti crediti ecc.) perde il suo titolare;
  2. il momento in forza del quale retroagiscono in capo agli eredi, gli effetti della scelta legata all’accettazione dell’eredità;
  3. il momento dal quale comincia a decorrere ai fini civilistici il termine per i chiamati all’eredità di accettare o rifiutare la stessa;
  4. il momento dal quale comincia a decorrere ai fini fiscali, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione

La seconda cosa da sapere è che la morte di una persona non determina l’immeditata trasmissione del suo patrimonio ai chiamati all’eredità. Coloro che sono chiamati a succedere al defunto, hanno infatti a norma dell’art. 480 Cod. Civ. 10 anni di tempo per decidere se accettare o non accettare l’eredità.

Il termine previsto dal Codice Civile per decidere se accettare o non accettare l’eredità, non coincide però con il termine previsto dalla normativa fiscale per presentare la dichiarazione di successione.

Il che genera, spesso nelle persone, una situazione di confusione e disorientamento soprattutto, nel caso in cui il patrimonio ereditario sia costituito da poste attive e da poste passive, appunto trasmissibili agli eredi.

Infatti, il DLGS 31.10.1990 n. 346 – Testo Unico dell’imposta sulle successioni e donazioni – prevede che il termine per la presentazione della dichiarazione di successione, sia di 1 anno dalla morte della persona. Chi presenta la dichiarazione di successione oltre il termine di 1 anno dalla morte della persona, si espone al pagamento di sanzioni ed interessi.

La terza cosa da sapere è che il patrimonio ereditario può essere trasmesso in due distinti modi: per legge o per testamento.

La successione ereditaria è quindi essenzialmente di due tipi:

  1. successione legittima, disciplinata dagli artt. 565 e ss. del cod. civ., che opera quando:
    1. il defunto muore senza aver fatto testamento;
    2. il defunto, pur avendo fatto testamento, non aveva disposto nel testamento di tutto il suo patrimonio. Si pensi al caso di Tizio che muore lasciando un patrimonio di 100. Avendo fatto un testamento in vita con cui disponeva solo per 60, il restante 40 del suo patrimonio sarà diviso applicando le regole della successione legittima;
    3. il defunto aveva fatto in vita un testamento, ma in questo aveva trascurato (o come si dice in gergo, pretermesso), determinati soggetti ai quali la legge riconosce comunque il diritto di succedergli, in una determinata quota dell’eredità (sono i cosiddetti eredi legittimari, titolari della quota di legittima);
    4. il defunto pur essendo morto senza testamento, aveva donato in vita i suoi beni in misura tale da ledere il diritto degli eredi legittimari;
  2. successione testamentaria, quando è regolata dal testamento e nel testamento il de cuius aveva disposto correttamente del suo patrimonio senza ledere i diritti dei legittimari.

La quarta cosa da sapere è che i soggetti definiti con l’appellativo “successibili” non subentrano automaticamente nei rapporti attivi e passivi del defunto, ma possono e devono decidere se accettare o meno l’eredità.

La quinta cosa da sapere è che c’è una sostanziale differenza tra il concetto di erede e di legatario.

L’erede è colui che subentra al defunto in tutti i rapporti che questo aveva in essere alla data della morte. Pertanto subentra sia nei rapporti attivi che in quelli passivi. Ciò perché l’erede è colui che succede all’universalità dei beni che componevano il patrimonio del defunto. Quindi succede anche nei debiti.

Il legatario è invece un soggetto al quale viene devoluto un bene determinato o una determinata somma di denaro o comunque una porzione del patrimonio ereditario e non risponde dei debiti ereditari (art. 756 Cod. Civ.).

La sesta cosa da sapere è rappresentata dal fatto che, mentre l’accettazione dell’eredità è un atto necessario per l’acquisto della qualità di erede, e dunque per subentrare al defunto in tutti i rapporti ad esso facenti capo, il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salvo la facoltà di rinunciarlo.

La settima cosa da sapere è che l’eredità può essere accettata in modo espresso o in modo tacito.

L’accettazione espressa dell’eredità si fa per atto pubblico (avanti un notaio o avanti al Cancelliere del Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione) o per scrittura privata. In entrambi i casi il soggetto dichiara di accettare l’eredità o assume il titolo di erede.

L’accettazione tacita dell’eredità si verifica ogni volta in cui il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare. Si tratta di un atto che il soggetto non avrebbe diritto di fare se non nella sua qualità di erede.

L’ottava cosa da sapere è collegata alla settima. Ovvero se è facile intuire che per scongiurare il pericolo di rispondere dei debiti ereditari il chiamato non debba compiere alcun atto di accettazione espressa, almeno fino a quando non abbia avuto l’esatta cognizione di ciò che compone il patrimonio ereditario, il problema si complica nel caso di accettazione tacita.

Infatti sono molto frequenti i casi in cui il soggetto compie di fatto delle operazioni che hanno una precisa rilevanza giuridica, trovandosi senza volerlo e, spesso, senza saperlo, nella condizione di essere erede senza aver reso alcuna dichiarazione espressa. Sono i cosiddetti atti di accettazione tacita dell’eredità, come ad esempio pagare i debiti dell’eredità, vendere alcuni beni che facevano parte del patrimonio del defunto ecc. ecc.).

La nona cosa da sapere è che l’eredità può essere rinunciata. Nel nostro panorama giuridico, l’erede ha 10 anni dalla data di apertura della successione, per decidere se accettare o rinunciare all’eredità.

Tuttavia la rinuncia ha valore solo “in blocco”. Nel senso che non è possibile rinunciare solo ad una parte dei beni ereditari (magari i debiti o beni che hanno poco valore) ed ereditarne altri.

Pertanto chi rinuncia lo fa in relazione ad uno status ossia, quello di erede, me non lo può fare con riferimento a uno o solo ad alcuni beni.

La decima cosa da sapere è costituita dal fatto che la rinuncia all’eredità, così come la morte di una persona prima dell’apertura della successione che la vedeva quale chiamato all’eredità (si pensi al caso del figlio che muore prima del genitore) determina il subentro dei suoi discendenti nella posizione di erede.

E’ il fenomeno della rappresentazione (art. 467 Cod. Civ.). In questo caso, com’è intuitivo non sempre a rinuncia all’eredità rappresenta il mezzo per liberarsi di eventuali debiti ereditari. Ciò in quanto il subentro del discendente, nella medesima posizione del chiamato pone al discendente i medesimi problemi che il rinunciante ha voluto evitare. Si pensi ad esempio al caso di un genitore (Tizio) che vuole rinunciare all’eredità del proprio padre (Caio) avendo un figlio (Sempronio). In questo esempio se Caio muore con dei debiti e Tizio rinuncia all’eredità di Caio, Sempronio subentrerà nella stessa posizione di Tizio trovandosi a dover decidere se accettare o meno. In tal modo opera il meccanismo della rappresentazione.

Alla luce di queste prime precisazioni, è chiaro che l’apertura di una successione ereditaria impone di affrontare la tematica con cautela e serenità, effettuando, prima di compiere qualsiasi azione e scelta, tutti gli approfondimenti in relazione alla composizione del patrimonio ereditario.

Nel prossimo articolo, approfondiremo “La prima cosa da sapere” e “La seconda cosa da sapere” soffermandoci sulla differenza del termine previsto ai fini civilistici per l’accettazione dell’eredità (10 anni) e quello fiscale (1 anno) per la presentazione della dichiarazione di successione.

Così facendo risponderemo al quesito: “Se presento la dichiarazione di successione nei termini per evitare sanzioni, ma non ho ancora deciso se accettare l’eredità cosa succede? Come posso tutelarmi in caso di debiti ereditari?”.

NOTA LEGALE
Questo articolo (e tutte le informazioni a cui si accede tramite collegamenti in questo documento) è fornito al solo scopo informativo e non costituisce consulenza legale. È necessario ricevere una consulenza legale professionale, prima di intraprendere o astenersi dall’intraprendere qualsiasi azione legale inerente al contenuto di questo documento. - Riproduzione riservata
Avvocato Federica Novaga
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