Nel nostro sistema giuridico
vige il principio della certezza delle situazioni giuridiche.
In
forza di detto principio alla morte di una persona alcuni contratti e
rapporti si estinguono, come ad esempio il contratto di lavoro, il
contratto di mandato, il rapporto che lega un socio alla società
ecc., mentre altri rapporti proseguono in capo agli eredi. Si pensi
ad esempio al diritto di proprietà sugli immobili che si trasmette
ai successori del defunto.
Quando
si parla di eredità, spesso le persone associano il concetto
esclusivamente all’aumento della propria ricchezza, per effetto
della successione nei rapporti attivi che il defunto intratteneva con
banche, società finanziarie per effetto di rapporti di conto
corrente, depositi, investimenti ecc.
Tuttavia,
anche gli eventuali debiti del defunto si trasmettono agli eredi.
Parlare
di eredità, impone di comprendere nel concetto tanto le poste
attive, quanto quelle passive che facevano capo al de
cuius (la persona
deceduta).
Non
sono rari i casi di imprenditori singoli che, alla propria morte,
lascano i propri familiari completamente all’oscuro di quelli che
sono i propri affari e anche dell’eventuale esposizione debitoria o
addirittura dell’assunzione di garanzie personali (fideiussioni) in
favore di banche o altri istituti di credito.
Ciò
espone i potenziali eredi al rischio di dover rispondere col proprio
patrimonio di eventuali debiti ereditari. Il tutto magari essendo del
tutto ignari del loro reale ammontare.
Diventa
allora fondamentale sapersi “muovere” correttamente nel complesso
ed articolato mondo delle successioni ereditarie, in modo da non
trovarsi in situazioni spiacevoli.
Guardando
l’aspetto ereditario dal punto di vista del de
cuius (il defunto)
nell’ottica di una pianificazione successoria, diventa inoltre
fondamentale conoscere le norme che regolano la cosiddetta
“successione necessaria”.
Si
tratta di quell’insieme di regole dettate a protezione dei
familiari più stretti: i cosiddetti legittimari (cioè coloro che
hanno diritto alla quota di legittima) ai quali la legge riserva,
comunque, una porzione del patrimonio del defunto.
E
ciò, indipendentemente, dalla volontà del defunto.
Si
tratta di norme che in linea di principio limitano in capo al
soggetto la facoltà di disposizione del proprio patrimonio sia
mediante atti di donazione, sia mediante testamento.
Anche
da questo punto di vista diventa importante conoscere “le regole
del gioco” per evitare che ciò che in vita si era pensato di fare,
disponendo del proprio patrimonio mediante atti di donazione o
mediante testamento, determini l’insorgenza di conflitti e
controversie giudiziali tra i successibili, il cui esito potrebbe
vanificare quella che era la volontà del defunto.
Vediamo
allora quali sono le cose fondamentali da sapere.
La
prima cosa da sapere è
costituita dal fatto che la successione si apre al momento della
morte nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto.
La
data di morte definisce:
-
il momento nel quale il
patrimonio del defunto (c/c, titoli, investimenti, case, gioielli,
mobili, contratti, debiti crediti ecc.) perde il suo titolare;
-
il momento in forza del quale
retroagiscono in capo agli eredi, gli effetti della scelta legata
all’accettazione dell’eredità;
-
il momento dal quale comincia
a decorrere ai fini civilistici il termine per i chiamati
all’eredità di accettare o rifiutare la stessa;
-
il momento dal quale comincia
a decorrere ai fini fiscali, il termine per la presentazione della
dichiarazione di successione
La
seconda cosa da sapere
è che la morte di una persona non determina l’immeditata
trasmissione del suo patrimonio ai chiamati all’eredità. Coloro
che sono chiamati a succedere al defunto, hanno infatti a norma
dell’art. 480 Cod. Civ. 10 anni di tempo per decidere se accettare
o non accettare l’eredità.
Il
termine previsto dal Codice Civile per decidere se accettare o non
accettare l’eredità, non coincide però con il termine previsto
dalla normativa fiscale per presentare la dichiarazione di
successione.
Il
che genera, spesso nelle persone, una situazione di confusione e
disorientamento soprattutto, nel caso in cui il patrimonio ereditario
sia costituito da poste attive e da poste passive, appunto
trasmissibili agli eredi.
Infatti,
il DLGS 31.10.1990 n.
346 – Testo Unico dell’imposta sulle successioni e donazioni –
prevede che il termine per la presentazione della dichiarazione di
successione, sia di 1 anno dalla morte della persona. Chi presenta la
dichiarazione di successione oltre il termine di 1 anno dalla morte
della persona, si espone al pagamento di sanzioni ed interessi.
La
terza cosa da sapere
è che il patrimonio ereditario può essere trasmesso in due distinti
modi: per legge o per testamento.
La
successione ereditaria è quindi essenzialmente di due tipi:
-
successione legittima,
disciplinata dagli artt. 565 e ss. del cod. civ., che opera quando:
-
il defunto muore senza aver
fatto testamento;
-
il defunto, pur avendo
fatto testamento, non aveva disposto nel testamento di tutto il
suo patrimonio. Si pensi al caso di Tizio che muore lasciando un
patrimonio di 100. Avendo fatto un testamento in vita con cui
disponeva solo per 60, il restante 40 del suo patrimonio sarà
diviso applicando le regole della successione legittima;
-
il defunto aveva fatto in
vita un testamento, ma in questo aveva trascurato (o come si dice
in gergo, pretermesso), determinati soggetti ai quali la legge
riconosce comunque il diritto di succedergli, in una determinata
quota dell’eredità (sono i cosiddetti eredi legittimari,
titolari della quota di legittima);
-
il defunto pur essendo
morto senza testamento, aveva donato in vita i suoi beni in misura
tale da ledere il diritto degli eredi legittimari;
-
successione
testamentaria,
quando è regolata dal testamento e nel testamento il de
cuius aveva
disposto correttamente del suo patrimonio senza ledere i diritti dei
legittimari.
La quarta cosa da sapere
è che i soggetti definiti con l’appellativo “successibili” non
subentrano automaticamente nei rapporti attivi e passivi del defunto,
ma possono e devono decidere se accettare o meno l’eredità.
La quinta cosa da sapere
è che c’è una sostanziale differenza tra il concetto di erede e
di legatario.
L’erede è colui che
subentra al defunto in tutti i rapporti che questo aveva in essere
alla data della morte. Pertanto subentra sia nei rapporti attivi che
in quelli passivi. Ciò perché l’erede è colui che succede
all’universalità dei beni che componevano il patrimonio del
defunto. Quindi succede anche nei debiti.
Il legatario è invece un
soggetto al quale viene devoluto un bene determinato o una
determinata somma di denaro o comunque una porzione del patrimonio
ereditario e non risponde dei debiti ereditari (art. 756 Cod. Civ.).
La sesta cosa da sapere
è rappresentata dal fatto che, mentre l’accettazione dell’eredità
è un atto necessario per l’acquisto della qualità di erede, e
dunque per subentrare al defunto in tutti i rapporti ad esso facenti
capo, il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salvo la
facoltà di rinunciarlo.
La settima cosa da sapere è
che l’eredità può essere accettata in modo espresso o in modo
tacito.
L’accettazione espressa
dell’eredità si fa per atto pubblico (avanti un notaio o avanti al
Cancelliere del Tribunale del luogo in cui si è aperta la
successione) o per scrittura privata. In entrambi i casi il soggetto
dichiara di accettare l’eredità o assume il titolo di erede.
L’accettazione tacita
dell’eredità si verifica ogni volta in cui il chiamato all’eredità
compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di
accettare. Si tratta di un atto che il soggetto non avrebbe diritto
di fare se non nella sua qualità di erede.
L’ottava cosa da sapere è
collegata alla settima. Ovvero se è facile intuire che per
scongiurare il pericolo di rispondere dei debiti ereditari il
chiamato non debba compiere alcun atto di accettazione espressa,
almeno fino a quando non abbia avuto l’esatta cognizione di ciò
che compone il patrimonio ereditario, il problema si complica nel
caso di accettazione tacita.
Infatti sono molto frequenti i
casi in cui il soggetto compie di fatto delle operazioni che hanno
una precisa rilevanza giuridica, trovandosi senza volerlo e, spesso,
senza saperlo, nella condizione di essere erede senza aver reso
alcuna dichiarazione espressa. Sono i cosiddetti atti di accettazione
tacita dell’eredità, come ad esempio pagare i debiti dell’eredità,
vendere alcuni beni che facevano parte del patrimonio del defunto
ecc. ecc.).
La nona cosa da sapere è
che l’eredità può essere rinunciata. Nel nostro panorama
giuridico, l’erede ha 10 anni dalla data di apertura della
successione, per decidere se accettare o rinunciare all’eredità.
Tuttavia la rinuncia ha valore
solo “in blocco”. Nel senso che non è possibile rinunciare solo
ad una parte dei beni ereditari (magari i debiti o beni che hanno
poco valore) ed ereditarne altri.
Pertanto chi rinuncia lo fa in
relazione ad uno status
ossia, quello di
erede, me non lo può fare con riferimento a uno o solo ad alcuni
beni.
La decima cosa da sapere
è costituita dal fatto che la rinuncia all’eredità, così come la
morte di una persona prima dell’apertura della successione che la
vedeva quale chiamato all’eredità (si pensi al caso del figlio che
muore prima del genitore) determina il subentro dei suoi discendenti
nella posizione di erede.
E’ il fenomeno della
rappresentazione (art. 467 Cod. Civ.). In questo caso, com’è
intuitivo non sempre a rinuncia all’eredità rappresenta il mezzo
per liberarsi di eventuali debiti ereditari. Ciò in quanto il
subentro del discendente, nella medesima posizione del chiamato pone
al discendente i medesimi problemi che il rinunciante ha voluto
evitare. Si pensi ad esempio al caso di un genitore (Tizio) che vuole
rinunciare all’eredità del proprio padre (Caio) avendo un figlio
(Sempronio). In questo esempio se Caio muore con dei debiti e Tizio
rinuncia all’eredità di Caio, Sempronio subentrerà nella stessa
posizione di Tizio trovandosi a dover decidere se accettare o meno.
In tal modo opera il meccanismo della rappresentazione.
Alla luce di queste prime
precisazioni, è chiaro che l’apertura di una successione
ereditaria impone di affrontare la tematica con cautela e serenità,
effettuando, prima di compiere qualsiasi azione e scelta, tutti gli
approfondimenti in relazione alla composizione del patrimonio
ereditario.
Nel prossimo articolo,
approfondiremo “La prima cosa da sapere” e “La seconda cosa da
sapere” soffermandoci sulla differenza del termine previsto ai fini
civilistici per l’accettazione dell’eredità (10 anni) e quello
fiscale (1 anno) per la presentazione della dichiarazione di
successione.
Così facendo risponderemo al
quesito: “Se
presento la dichiarazione di successione nei termini per evitare
sanzioni, ma non ho ancora deciso se accettare l’eredità cosa
succede? Come posso tutelarmi in caso di debiti ereditari?”.